di Marco Buti e Vitor Gaspar 16.01.2009
Il 1º gennaio 1999 nasceva l’area euro. Caratterizzata da un’architettura istituzionale senza precedenti: la sua vera novità è la relazione che intercorre tra la politica monetaria unica e la molteplicità delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri. Benché al debutto della moneta unica fossero molte le incertezze e gli interrogativi, il primo decennio dell’euro è stato una storia di successo. Oggi vale la pena di ricordare quelle sfide originarie per riconoscere nella crisi attuale l’opportunità di rafforzare la governance europea.
“È nella natura dell’inizio che qualcosa di nuovo sia cominciato senza che lo si possa ricondurre a qualunque cosa sia accaduta in precedenza. Questo carattere di sorprendente imprevedibilità è intrinseco a tutti gli inizi” – Hannah Arendt, Vita Activa La Condizione Umana.
Il 1º gennaio 1999 ha segnato l’inizio dell’area euro. L’euro è divenuto quel giorno la moneta unica di oltre 300 milioni di persone che vivevano in undici paesi diversi, parlavano lingue diverse, erano caratterizzati da diverse memorie storiche, tradizioni, costumi, abitudini, comportamenti, culture e istituzioni. L’introduzione dell’euro dieci anni fa è un momento determinante della storia dell’integrazione monetaria, finanziaria, economica e politica dell’Europa. È stato un evento di rilievo mondiale.
Nel frattempo, il processo di allargamento dell’area euro prosegue: dei dieci Stati membri entrati nell’Unione europea con il quinto allargamento, quattro sono già nell’euro, e la Slovacchia, che ne fa parte dal 1º gennaio 2009, è il primo membro dell’ex blocco sovietico.
L’area euro era stata concepita per divenire un’area di stabilità macroeconomica: fornisce una cornice coerente per politiche macroeconomiche orientate alla stabilità. Il quadro istituzionale costruito dal Trattato di Maastricht è centrato su una politica monetaria unica, affidata a una banca centrale indipendente, la Banca centrale europea, con l’obiettivo primario di mantenere la stabilità dei prezzi nel medio periodo, e su politiche economiche nazionali, ma coordinate, più in particolare su regole volte ad assicurare la disciplina di bilancio. Si riteneva che politiche macroeconomiche orientate alla stabilità, con economie di mercato aperte e libera concorrenza, potessero costituire l’ambito migliore per crescita e sviluppo sostenibili.
LE INCERTEZZE DELL’INIZIO
Tuttavia, all’inizio il successo non poteva essere dato per scontato. È un concetto espresso chiaramente da Otmar Issing. (1)
“Come banchiere centrale coinvolto nelle decisioni di politica monetaria, ho avuto a che fare con l’incertezza e le sue conseguenze per gran parte della mia vita professionale. La mia esperienza di membro del consiglio della Bundesbank mi ha lasciato un vivido ricordo delle sfide poste dalla riunificazione tedesca o delle turbolenze per le crisi degli Accordi europei di cambio. Ma non ho mai sentito così forte il senso di incertezza come nelle settimane che precedettero e seguirono l’introduzione dell’euro e la nascita della politica monetaria unica. (…) Quando il consiglio dei governatori emanò la dichiarazione finale sulla strategia di politica monetaria preparandosi al “week end del changeover”, l’incertezza era al culmine. Niente poteva essere dato per scontato, indipendentemente da quanto fosse stato accurato il lavoro preparatorio”.
Queste parole trasmettono “la sorprendente imprevedibilità di tutti gli inizi” per dirla con Hannah Arendt. Ma le sfide poste dalla creazione dell’area euro andavano ben oltre quella di fissare in maniera irrevocabile i tassi di cambio, è importante ribadire che l’area euro si caratterizza per un’architettura istituzionale senza precedenti. La politica monetaria unica e la Banca centrale europea interagiscono con un gran numero di Stati membri, con le loro competenze di politica economica e fiscale. La relazione che intercorre tra la politica monetaria unica e la molteplicità delle politiche economiche e di bilancio costituisce la novità dell’area euro: elementi di tensione non potevano essere esclusi, e infatti in alcuni casi si sono verificati. Molti interrogativi si profilavano perciò all’inizio. Per esempio, la transizione da undici monete nazionali all’euro sarebbe stata senza intoppi? La politica monetaria unica sarebbe stata percepita come credibile? Le regole fiscali, incorporate dal Patto di stabilità e crescita, avrebbero assicurato la disciplina di bilancio? L’architettura istituzionale dell’area euro si sarebbe dimostrata abbastanza flessibile da sostenere la pressione di cambiamenti imprevisti? L’unione monetaria sarebbe stata sostenibile senza un’unione politica? Dopo dieci anni, è chiaro che la condotta di politica monetaria ha avuto successo.
UN DECENNIO DI SUCCESSO
Nel corso dei primi dieci anni di euro, l’inflazione nell’area è stata in media vicina, ma non sotto, il 2 per cento, esattamente come prescritto dalla definizione di stabilità dei prezzi del Consiglio dei governatori. In particolare, se si esclude il 1999 sulla base del fatto che dati gli sfasamenti dovuti al cambiamento, la Bce non poteva essere ritenuta responsabile dei risultati di quell’anno, l’inflazione è stata in media del 2,2 per cento nel periodo. Tuttavia, la differenza rispetto all’obiettivo può essere attribuita a imprevisti (e significativi) andamenti nei prezzi del petrolio e di altre merci. Se si escludessero energia e materie prime alimentari, il tasso di inflazione media sarebbe stato dell’1,8 per cento. Ancor più importante, forse, la Bce ha mantenuto ben ancorate le aspettative inflazionistiche. Inoltre, non c’è stato sostanzialmente nessun impatto sulle aspettative dovuto a andamenti temporanei dei prezzi, che invece hanno inevitabilmente influito sia sull’inflazione headline sia sulle previsioni inflazionistiche a breve termine. (2)
Il livello di credibilità della Bce è stato particolarmente alto se si considera che, all’inizio, si trattava una nuova istituzione senza una storia alle spalle. Sebbene si stimi che il passaggio all’euro del gennaio 2002 abbia portato a un incremento dell’inflazione dello 0,3 per cento e abbia creato uno scostamento tra inflazione e aspettative, questa percezione errata non ha avuto alcun impatto sulla fiducia generale in merito alla capacità della Bce di mantenere la stabilità dei prezzi.
Ovviamente, il successo dell’euro va ben oltre la stabilità dei prezzi. (3) Negli ultimi dieci anni, tutte le variabili nominali si sono mantenute notevolmente stabili rispetto al decennio precedente, compresi per esempio i tassi di interesse di breve e lungo termine, che sono rimasti bassi e stabili. E allo stesso tempo ridotta è stata anche la volatilità delle variabili reali, come il prodotto. Benché dal 1999 a oggi, la crescita del Pil reale sia rimasta virtualmente immutata a poco più del 2 per cento, sono stati creati più di 18 milioni di posti di lavoro, un numero decisamente maggiore rispetto al decennio precedente: sarebbe certo scorretto attribuire principalmente all’euro la creazione di nuovi posti di lavoro, ma il contesto di stabilità macroeconomica e le riforme del mercato del lavoro determinate dalla volontà di entrare nell’Unione monetaria hanno contribuito a rendere più flessibile il mercato del lavoro. (4) L’unificazione monetaria è stata anche accompagnata da importanti dinamiche di integrazione, come l’accresciuta integrazione commerciale e finanziaria, che derivano dai circoli virtuosi, che si rinforzano a vicenda, del “una valuta, un mercato”. (5)
Una delle cartine di tornasole dell’architettura macroeconomica dell’Unione monetaria è stata l’interazione tra la politica monetaria unica e le politiche fiscali decentralizzate. La rimozione della “carota” dell’ingresso nell’area euro avrebbe portato a politiche fiscali opportunistiche, specialmente nei paesi tradizionalmente indisciplinati? Oppure, l’attuazione del Patto di stabilità e crescita avrebbe comportato un livello insufficiente di stabilizzazione fiscale? Nessuno dei due timori si è realizzato. I deficit pubblici sono scesi al livello record minimo dello 0,6 del Pil nel 2007, a confronto con la media degli anni Ottanta e Novanta vicina al 4 per cento. La disciplina di bilancio è migliorata in particolare dopo la riforma del Patto di stabilità e crescita del 2005, con il rafforzamento del controllo politico sulle regole monetarie, ciò è avvenuto di pari passo con una correzione del comportamento fiscale, tipicamente pro-ciclico che tradizionalmente caratterizza i paesi dell’Unione. E lo spazio di manovra creato in molti paesi negli anni passati permetterà ora alla politica fiscale di giocare un ruolo espansionistico nell’attuale crisi economica.
LE SFIDE DI OGGI
(…) La storia non è ancora finita, sfide significative si profilano. Mentre scriviamo, il mondo vive una crisi finanziaria ed economica di proporzioni globali. Per l’area euro, la crisi globale mette all’ordine del giorno le sfide del mantenimento della stabilità economica e della stabilità finanziaria.
Durante la crisi, è stato ben visibile il ruolo della Bce e del sistema euro nella gestione della liquidità, in modo da mantenere ordinate condizioni nei mercati monetari e più in generale in tutti i mercati. Allo stesso tempo, la gestione della liquidità era indirizzata a ridurre rischi e turbative della stabilità finanziaria. Facendo così, ha attutito gli effetti della crisi sull’attività economica. Inoltre l’area euro ha contribuito a proteggere i paesi che ne fanno parte da alcuni effetti negativi che altrimenti la crisi avrebbe potuto avere avuto sulle loro economie.
La crisi finanziaria ed economica sta portando a una cooperazione e a un coordinamento senza precedenti a livello europeo e mondiale. Un esempio particolarmente significativo è la collaborazione tra la Federal reserve, la Bce e altre principali banche centrali nella gestione della liquidità a livello mondiale. Tuttavia, la crisi ha reso evidente la necessità di rafforzare la cooperazione e la vigilanza a livello europeo e mondiale. Un esempio importante è la necessità di rafforzare la collaborazione tra autorità di vigilanza responsabili delle grandi istituzioni finanziarie internazionali. All’ordine del giorno ci sono anche i problemi della prevenzione delle crisi, compreso il quadro complessivo della regolazione e della vigilanza, e della loro gestione. Gli Stati Uniti sono ufficialmente in recessione da dicembre 2007, l’area euro ha già registrato due trimestri consecutivi di crescita negativa e il rallentamento dell’attività economica si sta diffondendo ovunque nel mondo. È uno sviluppo unico e senza precedenti nella storia e l’incertezza è particolarmente elevata.
La crisi costituisce dunque una grande sfida per l’area euro. I primi dieci anni della moneta unica si sono sviluppati all’interno di due grandi sfide. Vale la pena di ricordare l’entità di quella originaria per vedere nella crisi attuale un’opportunità per rafforzare la governance a livello europeo e mondiale. È già successo che crisi e incertezze abbiano consentito di liberarsi delle resistenze del passato e abbiano generato le meraviglie di un nuovo inaspettato inizio.
(1) Otmar Issing, “Monetary Policy of the ECB in a World of Uncertainty”, Cfs Conference “Monetary Policy Making Under Uncertainty“, Frankfurt am Main, December 3-4 1999. Per un resoconto completo dell’avvio dell’euro si veda Otmar Issing The Birth of the Euro, Cambridge: Cambridge University Press, 2008.
(2) Il problema di ancorare l’inflazione e le aspettative inflazionistiche è discusso in dettaglio da Petra Geraats, Manfred Neumann e Frank Smets in M. Buti, S. Deroose, V. Gaspar and J. Nogueira Martins (eds.), Euro: The First Decade, Cambridge: Cambridge University Press, di prossima pubblicazione. La fondamentale importanza della credibilità è una delle lezioni tratte dall’esperienza della “grande inflazione”. Si veda in proposito Andreas Beyer, Vitor Gaspar, Christina Geberding and Otmar Issing, Opting Out of the Great Inflation: German Monetary Policy After the Break Down of Bretton Woods, Nber Working Paper 14596, December 2008.
(3) Per un riepilogo generale del primo decennio di euro si veda Commissione europea EMU@10: Successes and Challenges After Ten Years of Monetary Union.
(4) Come mostrano Marco Buti, Werner Roeger e Alessandro Turrini in “Is Lisbon Far from Maastricht? Trade-offs and Complementarities between Fiscal Discipline and Structural Reforms” (CES-Ifo Economic Studies, forthcoming), regole fiscali più rigide seguite al lancio della seconda fase dell’Unione monetaria nel 1993, culminate con l’adozione del Patto di stabilità e crescita nel 1997, hanno rafforzato gli incentivi per i governi, sulla base di motivazioni elettorali, ad attuare riforme del mercato del lavoro.
(5) Si vedano gli interventi in M. Buti, S. Deroose, V. Gaspar and J. Nogueira Martins (eds.), Euro: The First Decade, Cambridge: Cambridge University Press, di prossima pubblicazione. Francesco Paolo Mongelli, “The Oca Theory and the Path to the Emu”, propone una rassegna critica di questa tesi.
Per gentile concessione di www.lavoce.info